04.01. La privatizzazione del pubblico impiego [DEMO]

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Il pubblico impiego è quel rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione per cui una persona fisica pone volontariamente la propria attività lavorativa in modo continuativo o differenziato attraverso la sottoscrizione di un contratto e dietro corrispettivo che è la controprestazione della PA. È un rapporto giuridico che nasce come regola di base stabilita dalla Costituzione (art. 97) attraverso un concorso pubblico ma può avvenire anche con l'avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento così come definito dall'art. 35 del Tupi. Il rapporto di pubblico impiego è stato caratterizzato nel corso degli anni da un processo di riconduzione dei rapporti di lavoro sotto la disciplina del diritto privato, la prima fase di privatizzazione si è realizzata con:

  • le riforme Bassanini, prima con il D.Lgs. 1993, n. 29 poi con la legge 2001, n. 97 (norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche);
  • che sfociano nel D.Lgs. n. 165 del 2001 il Testo unico con cui si assiste a un riordino di tutta la disciplina in materia di pubblico impiego;
  • da ultimo con la Riforma Brunetta (D.lgs. n. 150 del 2009) si assiste a un'ulteriore profonda riforma della disciplina del lavoro pubblico, all'insegna di alcuni principi fondamentali come la trasparenza, incrementando l'efficienza, la premialità e la selettività;
  • poi altre riforme importanti sono quelle Madia del 2015 che hanno avuto un tormentato percorso legislativo e istituzionale, tra cui la sentenza della Corte Costituzionale (n. 251 del 2016) che stabilì la parziale illegittimità della riforma Madia poiché ledeva in alcuni punti chiave l’autonomia delle Regioni: dirigenza pubblica, organizzazione del lavoro, società partecipate e servizi locali. Legge poi modificata dal D.Lgs. 2017, n. 74 (premialità, misure sulla performance e remunerazione, obiettivi generali, oiv, dirigenti, sanzioni) e dal D.Lgs. 2017, n. 75 (azione disciplinare, infrazioni disciplinari, concorsi, lingue estere, lavoro flessibile, assunzioni, stabilizzazioni, disabili, tutela in caso di licenziamento, risultati nel sistema della performance);
  • la riforma Buongiorno legge 2019, n. 56 in gran parte inattuata, proposta dal Ministro della Pubblica Amministrazione, Avv. Giulia Bongiorno che recava alcune modifiche al Testo unico del pubblico impiego (istituzione del Nucleo della Concretezza, disposizioni per la mobilità tra il settore del lavoro pubblico e quello privato e disposizioni in materia di buoni pasto).

Attualmente il rapporto di pubblico impiego è disciplinato dal Codice civile, dallo Statuto dei lavoratori e dal Contratto collettivo nazionale e decentrato di lavoro. Il sistema di privatizzazione ha portato alla trasformazione della gestione del rapporto di pubblico impiego nella PA:

  1. da un rapporto regolamentato solo dal diritto amministrativo a quello regolamentato anche dal diritto civile;
  2. ha portato l'introduzione nella PA dello Statuto dei lavoratori che si applica integralmente a prescindere dal numero dei dipendenti dell'ente e l'applicazione anche nel settore pubblico del D.Lgs. 2008, n. 81 relativo alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
  3. poi troviamo la contrattazione che può essere collettiva (nazionale e integrativa) ed è l'accordo fra un gruppo di datori di lavoro quindi l'insieme delle PA e le associazioni a tutela dei lavoratori che stipulano questi contratti.

La privatizzazione del rapporto di pubblico impiego ha ex novo regolamentato sia la responsabilità disciplinare (art. 55, co.3 seg., d.lgs. 30 marzo 2001 n.165) devolvendo alla contrattazione collettiva la materia, sia la responsabilità dirigenziale (art. 21, d.lgs. n. 165 cit.). Mentre non ha innovato la previgente disciplina sulle tre restanti responsabilità: civile, penale ed amministrativo-contabile, per le quali viene testualmente richiamata la relativa disciplina legislativa di settore ad opera dell’art. 55, co.1, d.lgs. n.165 cit.

Prima degli anni '90 questa era una disciplina fondata sul diritto pubblico quindi su atti amministrativi: si partecipava a un concorso pubblico e l'atto con il quale si veniva assunti non era un contratto individuale di lavoro ma un atto di nomina, che per essere contestato bisognava rivolgersi al giudice amministrativo. Con la privatizzazione il giudice è diventato il giudice ordinario del lavoro (non più il giudice amministrativo), anche con l'applicazione di un processo più snello attraverso cui si giudica le controversie sul rapporto di lavoro. Il giudice ordinario nella funzione di giudice del lavoro si occupa:

  • delle controversie concernenti l'assunzione;
  • il conferimento e la revoca dell'incarico;
  • l'indennità di fine rapporto;
  • dei comportamenti che le amministrazioni attuano in violazione delle garanzie e delle prerogative sindacali stabilite dallo Statuto dei lavoratori.

Rimangono invece di competenza del giudice amministrativo le controversie relative alle procedure concorsuali, nonché i rapporti di lavoro dei dipendenti esclusi dalla privatizzazione.

In conclusione, infatti, si deve sottolineare che ci sono ancora alcune figure soggette al diritto pubblico (provvedimenti amministrativi) e ai sensi dell'art. 3 del Tupi sono: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia.

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