15. DOMANDA 8 SISTEMI DI WELFARE [DEMO]

Tutti i capitoli inclusi nell'abbonamento

I sistemi di welfare sono composti da programmi pubblici attraverso i quali lo stato persegue l'obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini, e in particolare di fornire protezione sociale ad alcune categorie di cittadini a rischio, quali i meno abbienti, gli infermi, i disabili, i disoccupati, gli anziani.

La prima biforcazione della metà del XX secolo:

  • MODELLI UNIVERSALISTICI BEVERIDGIANO(paesi anglo-scandinavi)
  • MODELLI OCCUPAZIONALI (paesi dell'Europa continentale)

Criterio di distinzione principale: il formato della copertura, cioè le regole di accesso ai principali schemi di protezione sociale (pensioni e sanità). La scelta principale e più controversa è stata quindi in questo momento quella sul CHI includere nei nuovi schemi di protezione.

Nella fase di espansione (il trentennio glorioso) sono diventate rilevanti anche le dimensioni del QUANTO e del COME. Emerge una nuova differenziazione tipologica.

I TRE REGIMI DI WELFARE SECONDO G.ESPING-ANDERSEN

• Regime liberale

• Regime conservatore-corporativo

• Regime socialdemocratico

Due dimensioni di variazione che conducono ai tre modelli:

- DEMERCIFICAZIONE : quanto il welfare state riesce a garantire il diritto di reddito indipendentemente dalla partecipazione al mercato del lavoro (ovvero dalla vendita della propria forza lavoro).

- DESTRATIFICAZIONE: grado in cui le prestazioni sociali dello Stato attutiscono le differenze tra gli status occupazionali o le classi sociali. Successivamente, Esping-Andersen aggiunge anche un'altra dimensione:

-DEFAMILIZZAZIONE: quanto le politiche sociali riescono a ridurre la dipendenza degli individui dalla famiglia.

  • Regime liberale (Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito) - predominano le misure di assistenza basate sulla prova dei mezzi - gli schemi di assicurazione sociale sono relativamente pochi e poco generosi in quanto a tipo di prestazioni. - i destinatari principali sono i bisognosi, “i poveri” e i lavoratori a basso reddito - viene incoraggiato il ricorso al mercato sia in maniera passiva, sia attiva - mercificazione bassa - destratificazione bassa: dualismo tra welfare dei poveri e welfare dei ricchi.
  • Regime socialdemocratico (Svezia, Danimarca, Norvegia) - predominano gli schemi universalistici di sicurezza sociali con alti standard di prestazioni - le formule di computo sono generose ma prevalentemente a somma fissa, con finanziamento fiscale - i destinatari principali sono tutti i cittadini - si punta a marginalizzare l'importanza del mercato come fonte di risposta ai rischi sociali - la La demercificazione è alta - la stratificazione è alta.
  • Regime conservatore-corporativo (Germania, Austria, Francia, Olanda) - predominano gli schemi assicurativi pubblici collegati alla posizione occupazionale - il computo delle prestazioni è collegato ai contributi versati e/o alle retribuzioni - i destinatari principali sono i lavoratori adulti maschi capofamiglia (male breadwinners). - enfasi sulla sussidiarietà degli interventi pubblici - la mercificazione è media - la stratificazione è medio-bassa (il welfare tende a preservare le differenze di classe e di status).

Le differenze tra i tre regimi sono riconducibili anche a dinamiche di tipo socio-politico

Regime social democratico: forza del movimento operaio, dei sindacati e dei partiti di sinistra

Regime corporativo- conservatore: peso delle tradizioni corporative, egemonia dei partiti moderati o conservatori espressione del ceto medio, la dottrina sociale della Chiesa

Regime liberale: l'egemonia della borghesia capitalista e delle dottrine liberiste

  • IL WELFARE MEDITERRANEO (O DELL'EUROPA MERIDIONALE)

Le analogie tra i paesi del sud Europa nella struttura economica, demografica e sociale: • Industrializzazione tardiva • Esperienza del fascismo (con conseguente arretratezza sul piano dello sviluppo sociale e corporativismo) • La presenza di colture ortofrutticole che presentano picchi di domanda in alcune stagioni (e conseguente esistenza di forza lavoro sotto occupata per un periodo dell'anno) • Ruolo della famiglia

Caratteristiche principali:

1) Dicotomia tra soggetti forti e deboli. Prestazioni molto generose per le categorie centrali del mercato del lavoro (dipendenti pubblici e lavoratori dipendenti di grandi imprese) e modeste per le categorie più deboli e periferiche (lavoratori, precari, stagionali, autonomi, dipendenti di piccole imprese, ecc.). INSIDERS E OUTSIDERS

2) Ritardo nella creazione di una rete di sicurezza base contro il rischio di povertà.

3) Dal particolarismo all'universalismo: tardiva evoluzione in senso universalistico (Servizi Sanitari Nazionali)

4) Mercati del lavoro caratterizzati da profonde divisioni settoriali e territoriali e caratterizzati da una vasta economia sommersa

5) Particolare struttura del welfare mix, ovvero del peso e del ruolo relativo dei tre attori centrali nella fornitura dei servizi di protezione sociale: Stato, mercato e famiglia.

6) Particolarismo sul versante delle erogazioni (manipolazioni clientelari e frodi) e sul versante del finanziamento (evasioni contributive su larga scala).

Fattori socio-politici di contesto:

1) corporativismo accentuato dalle esperienze autoritarie

2) presenza “ingombrante” della Chiesa cattolica

3) aspra competizione politica tra destra e sinistra e intensa polarizzazione ideologica.

DOMANDA 9 NUOVO SISTEMA PENSIONISTICO ED EFFETTI SUL CONSUMO

Il D.L. 4/2019 convertito con L. 26/2019 ha introdotto, in via sperimentale, un nuovo canale temporaneo di accesso al pensionamento anticipato in presenza di requisiti minimi congiunti anagrafico e contributivo di 62 anni di età e di 38 anni di contributi per coloro che avessero maturato i requisiti nel triennio 2019-2021, prevedendo un posticipo di tre mesi della prima decorrenza utile dei trattamenti pensionistici dalla data di maturazione dei requisiti per il settore privato e di sei mesi per il settore pubblico. Alla fine del 2021, questo canale di pensionamento anticipato, denominato Quota 100, giunto alla sua scadenza non è stato rinnovato. Tuttavia, in aggiunta, la Legge di Bilancio 2022 (L- 234/2021) ha previsto la facoltà di accedere al pensionamento anticipato ai soggetti che maturano i requisiti di 64 anni di età e 38 anni di contributi nel 2022 (Quota 102). Inoltre, la L. 26/2019 ha previsto, per il pensionamento anticipato con il solo canale di anzianità contributiva, il blocco a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne dei requisiti contributivi in esame e, per il periodo 2019- 2026, la disapplicazione dell’adeguamento di tali requisiti alla variazione della speranza di vita, introducendo, tuttavia, a partire dal 2019 un posticipo di tre mesi della prima decorrenza utile dei trattamenti pensionistici dalla data di maturazione dei suddetti requisiti. Le sopracitate misure rappresentano una deroga temporanea alla struttura delineata dalla cosiddetta Legge “Fornero” (D.L. 201/2011 convertito con L. 214/2011) e, pertanto, non ne alterano le tendenze di lungo periodo. L’assenza dell’adeguamento del 2019 ha ridotto strutturalmente di 5 mesi l’età richiesta per l’accesso al pensionamento (di cui 3 recuperati con l’introduzione delle finestre). Tuttavia, sulla base delle ipotesi contemplate dallo scenario Istat 2020, che nel periodo in oggetto assume adeguamenti nulli dei requisiti di pensionamento per la speranza di vita, il blocco fino al 2026 non incide ulteriormente sul requisito.

Il sistema contributivo garantisce la funzione assicurativa. Con il sistema contributivo la pensione P aumenta: All’aumentare dell’aliquota contributiva δ; All’aumentare del tasso di crescita delle retribuzioni m; All’aumentare del tasso di rendimento fissato convenzionalmente r; Al diminuire del tasso di sconto r z; Al diminuire della speranza di vita attesa al momento del pensionamento e(L) .

L’attuale sistema pensionistico in Italia è basato su un sistema a ripartizione con metodo di calcolo contributivo dove è una media mobile quinquennale del tasso di crescita del PIL.

Con perequazione delle pensioni - si legge in una nota Inps - va intesa la rivalutazione annuale degli importi dei trattamenti pensionistici per adeguarsi al costo della vita. Ha l’obiettivo di proteggere il potere d’acquisto delle pensioni, mettendole al riparo, almeno in parte, dall’erosione dovuta all’inflazione.

Si applica a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalle gestioni sostitutive, esonerative, esclusive, integrative ed aggiuntive. Si applica alle pensioni dirette e a quelle ai superstiti (pensione di reversibilità e pensione indiretta), indipendentemente dal fatto che esse siano integrate al trattamento minimo.

L’applicazione della perequazione avviene al primo gennaio di ogni anno, l’adeguamento avviene sulla base degli incrementi dell’indice annuo dei prezzi al consumo accertati dall’Istat.

DOMANDA 10 SCELTE TRA CONSUMO PRESENTE E FUTURO

Si definisce tasso di preferenza temporale l’Indice della propensione individuale a preferire il consumo presente rispetto a quello futuro. In economia, questa tendenza è quantificabile attraverso il tasso di preferenza temporale. Esso rappresenta il premio assegnato al consumo futuro, che rende un individuo indifferente tra il consumo presente e quello a venire. Se p è il fattore di preferenza temporale, ciò implica che l’individuo è indifferente tra una unità di consumo presente e 1+p unità di consumo futuro. Il tasso di preferenza temporale è cruciale nell’analisi delle scelte intertemporali ed è inoltre considerato la determinante principale del tasso di interesse reale, poiché uno scostamento tra i due darebbe luogo a un flusso non compensato di trasferimenti di ricchezza nel tempo.

LA PREFERENZA TEMPORALE NELLA STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO

La scuola austriaca, e soprattutto l’economista E. von Böhm-Bawerk, hanno dedicato particolare attenzione alla determinazione del tasso di preferenza temporale. La preferenza in favore del consumo presente rispetto a quello futuro può essere fatta risalire a motivazioni legate a fattori come impazienza e mortalità. È stato obiettato, tuttavia, che i tassi di mortalità da soli non riescono a spiegare i tassi di preferenza temporale empiricamente osservati, essendo spesso questi ultimi di entità notevolmente maggiore. In modelli che coinvolgono più generazioni, è stato inoltre rilevato che un tasso positivo di preferenza temporale solleva questioni di equità intergenerazionale di non facile soluzione.

IL MODELLO DI SCELTA INTERTEMPORALE

Il tasso di preferenza temporale viene abitualmente utilizzato all’interno del modello di scelta intertemporale per la determinazione del valore attuale dell’utilità totale. In esso quest’ultima è ottenuta dalla somma delle utilità percepite nei singoli periodi, scontate attraverso il fattore p per unità di tempo. È un modello che soddisfa il requisito di coerenza intertemporale, poiché il tasso di sconto tra due periodi non dipende dal momento in cui si valuta l’utilità totale; ciò significa che, se l’individuo preferisce 80 euro oggi a 100 euro tra un anno, continua a preferire 80 euro tra 10 anni a 100 euro tra 11 anni.

Questa caratteristica, seppur logicamente apprezzabile, non appare in linea con alcune verifiche sperimentali, a seguito delle quali sono state elaborate teorie in cui il valore attuale dell’utilità totale è calcolato mediante un tasso di sconto cosiddetto iperbolico. Esse mostrano che il tasso di sconto è alto tra presente e futuro immediato, mentre è relativamente basso quando la scelta riguarda un futuro molto lontano: si parla, in tal caso, di distorsione a favore del presente. Ciò avviene quando l’individuo preferisce 80 euro oggi a 100 euro tra un anno, ma è indifferente tra ottenere 80 euro tra 10 anni o 100 euro tra 11 anni.

DOMANDA 11 SCELTE IN CONDIZIONI DI AVVERSIONE AL RISCHIO

La maggior parte delle scelte viene effettuata in condizioni di incertezza, non conosciamo con certezza gli esiti di certe scelte -al massimo possiamo conoscere gli eventi che possono verificarsi (e il nostro payoff in ogni evento) e le probabilità con cui si verificano. Con queste informazioni è possibile calcolare i valori attesi associati ad una scelta (EV = Expected value ). L’analisi delle scelte in presenza di incertezza è effettuata utilizzando il modello dell’utilità attesa di von Neumann e Morgenstern, In questo modello si applica una funzione di utilità che assegna un valore numerico alla soddisfazione associata ad ogni possibile evento e payoff associato.

Date 2 lotterie, il modello di von Neumann e Morgenstern asserisce che un consumatore razionale, posto a scegliere tra alternative incerte, effettua le proprie scelte in modo da massimizzare l’utilità attesa (e non il valore atteso). Il punto cruciale della teoria è che l’ordinamento dei valori attesi di un insieme di contesti di scelta incerta è spesso diverso dall’ordinamento delle utilità attese delle alternative considerate.

Una lotteria è detta equa se il suo valore atteso, cioè la somma di tutti i possibili esiti ponderata dalla probabilità che essi hanno di verificarsi, è pari a zero. Una funzione di utilità concava indica un individuo avverso al rischio (ossia un individuo che rifiuta di partecipare ad una lotteria equa).

Una funzione di utilità convessa indica un individuo propenso al rischio (ossia un individuo che accetta di partecipare ad una lotteria equa). Una funzione di utilità lineare indica un individuo neutrale rispetto al rischio (ossia un individuo che è indifferente tra l’accettare o il rifiutare di partecipare ad una lotteria equa).

Quando i rischi che differenti soggetti si trovano ad affrontare sono indipendenti, agendo collettivamente è possibile ottenere un risultato preferito da tutti. Alla base della condivisione dei rischi risiede la legge dei grandi numeri: quando un evento incerto è ripetuto un numero sufficiente di volte le occorrenze tendono a convergere alle probabilità. Le società di capitale hanno lo scopo di ridurre il rischio per il singolo investitore.

Il mercato delle assicurazioni fornisce l’esempio tipico di riduzione del rischio. Dal punto di vista del singolo consumatore, tuttavia, l’acquisto di un’assicurazione è un gioco non equo in quanto le compagnie di assicurazione devono far fronte ai propri costi. Ci sono limiti alla traslazione del rischio ad altri soggetti: il cosiddetto rischio morale connesso al fatto che esiste un incentivo, da parte degli assicurati, a comportarsi in maniera negligente o persino fraudolenta - ciò aumenta ancora i costi di assicurazione.

DOMANDA 12 LE SCALE DI EQUIVALENZA E IL CONTRASTO ALLA POVERTA’

Il benessere di ogni individuo ha come importante punto di riferimento la famiglia, in quanto è nel suo ambito che vengono messe in comune le risorse economico-finanziarie e prese le decisioni riguardo la loro destinazione, determinando così l’effettivo standard di vita dei propri componenti. Nell’analisi della disuguaglianza, soprattutto economica, la famiglia rappresenta quindi sia l’unità di riferimento per la rilevazione delle informazioni, sia l’unità principale di analisi.

Una delle implicazioni legate all’uso della famiglia come unità di analisi è che essa varia in ampiezza e composizione e che tali differenze implicano bisogni differenti. Per esempio, a parità di altre condizioni, lo stesso ammontare di reddito disponibile (o di consumo) determina standard di vita diversi per famiglie con un differente numero di componenti. Confrontare i livelli di benessere di due famiglie in base ai rispettivi redditi (o consumi) complessivi non è quindi corretto.

Per tener conto dell’ampiezza familiare, ci si potrebbe ricondurre a una dimensione individuale facendo riferimento al reddito (o consumo) familiare pro-capite, ottenuto dividendo il reddito (o consumo) familiare complessivo per il numero dei componenti. Questa soluzione tuttavia non tiene conto del fatto che il contributo dei singoli membri ai bisogni complessivi della famiglia varia notevolmente in ragione delle caratteristiche socio-demografiche - prima fra tutte le età - e che vivere insieme comporta non trascurabili economie di scala. Per alcuni beni e servizi il consumo da parte di un qualsiasi membro della famiglia non ne riduce necessariamente la disponibilità per un altro membro. Ne sono un esempio l’alloggio, almeno fino a un certo limite, così come i beni durevoli, quali televisori o persino biciclette e automobili, che possono essere condivise da diversi membri della famiglia nello stesso momento o in momenti diversi. Il costo da sostenere per avere lo stesso livello di utilità non aumenta quindi in maniera direttamente proporzionale al numero di persone presenti in famiglia e le misure pro-capite tendono a sottostimare il benessere delle famiglie più ampie rispetto a quello delle famiglie più piccole.

Le scale di equivalenza sono lo strumento per calcolare l’ammontare di risorse di cui due differenti nuclei familiari hanno necessità per raggiungere lo stesso standard di vita, tenendo conto delle diversità nei bisogni e delle economie di scala (De Santis, 1996). Similmente alle parità del potere d’acquisto, che permettono di rendere confrontabili i livelli di consumo di famiglie che vivono in aree con un diverso costo della vita, le scale di equivalenza sono lo strumento utilizzato per rendere comparabili le risorse di famiglie con diversa composizione.

DOMANDA 13 LA RICCHEZZA FAMILIARE

La ricchezza (o patrimonio) si può definire come il complesso dei beni materiali (ad es. un’abitazione o un terreno) e immateriali (ad es. un brevetto o un diritto d’autore su un’opera) che hanno valore di mercato e sono scambiabili contro moneta o altri beni.

La ricchezza è una dei principali indicatori – insieme al reddito e ai consumi - che ci consentono di valutare le condizioni di benessere economico di un Paese, una famiglia o un individuo. Mentre il reddito e i consumi sono dei flussi, sono cioè delle grandezze economiche che definiscono rispettivamente le risorse acquisite per l’eventuale consumo (o per il risparmio) e quelle effettivamente consumate in un intervallo di tempo (tipicamente un anno o un mese), la ricchezza è uno stock, cioè è un valore definito in un dato istante del tempo (usualmente la fine dell’anno) che identifica le risorse accumulate fino a quel momento, a disposizione per il consumo futuro.

La ricchezza è una grandezza importante sia a livello di Paese sia a livello di singola famiglia o individuo.

Nei paesi con elevata ricchezza gli abitanti hanno usualmente livelli di consumo molto più elevati rispetto ai paesi poveri; il divario in termini di risorse economiche si riflette anche su altri elementi, come ad esempio le condizioni di salute e i livelli di istruzione. A livello individuale, gli studi indicano chiaramente che un’elevata ricchezza tende ad associarsi con più alti livelli di benessere percepito.

L’interesse per la ricchezza ha anche una motivazione di natura fiscale, dato che essa è uno degli elementi che lo Stato utilizza per definire la “capacità contributiva” di un cittadino. In Italia, ad esempio, esistono alcune imposte sul patrimonio (es. IMU), sebbene di limitata entità rispetto a quelle sui redditi (IRPEF) o sui consumi (IVA). Il patrimonio è inoltre considerato all’interno dell’ISEE, che costituisce l’indicatore di riferimento per l’accesso al reddito di cittadinanza e altre prestazioni pubbliche.

Un elemento di grande interesse riguarda la distribuzione della ricchezza all’interno di un Paese, che si collega al tema più generale della disuguaglianza e della coesione sociale. Inoltre, poiché la ricchezza può essere detenuta in modi diversi, che risentono delle caratteristiche e delle preferenze degli individui e delle differenze economiche e istituzionali tra diversi paesi, è interessante conoscere la sua composizione e come questa evolve nel tempo.

Come si compone la ricchezza?

La ricchezza (W) viene calcolata sommando le attività reali (AR) e le attività finanziarie (AF) e sottraendo le passività finanziarie (PF), cioè i debiti. In formule possiamo scrivere: W = AR + AF – PF. La ricchezza calcolata in questo modo viene definita “ricchezza netta” e può quindi assumere valori positivi, nulli o negativi (quando i debiti superano in valore le poste dell’attivo reale e finanziario).

Le attività reali (AR) sono per lo più costituite da beni tangibili, come ad esempio le abitazioni, i terreni, i beni durevoli di consumo (beni il cui consumo avviene gradualmente nel tempo, come ad esempio le automobili) e gli oggetti di valore (quadri, gioielli, etc.); comprendono però anche le attività immateriali, come per esempio il valore di un brevetto o quello dell’avviamento di un’attività commerciale. Tutte le componenti reali hanno sempre valore positivo.

Le attività finanziarie (AF) sono strumenti che conferiscono al titolare, il creditore, il diritto di ricevere, senza una prestazione da parte sua, uno o più pagamenti dal debitore che ha assunto il corrispondente obbligo. Ad ogni attività finanziaria di un soggetto corrisponde una passività finanziaria di un altro. Per le famiglie, esempi di attività finanziarie sono i contanti, i depositi, le obbligazioni private, i titoli di Stato e le azioni, che sono titoli rappresentativi dei diritti di proprietà, classificati all’attivo del detentore e al passivo delle imprese.

Le passività finanziarie (PF), cioè i debiti, rappresentano invece la componente negativa della ricchezza e assumono la forma di mutui, prestiti personali, ecc.

Disoccupati, Occupati, Inattivi

Occupati: hanno un lavoro
Disoccupati: non hanno un lavoro, ma lo stanno cercando
Forze di Lavoro: Popolazione in età lavorativa (15 anni – età della pensione)
Forze di Lavoro Occupati + Disoccupati
Tasso di Disoccupazione #alla ricerca di lavoro / #forze di lavoro
Tasso di Occupazione = #Occupati / #Forze di Lavoro
Inattivi: Non forza di lavoro non hanno un lavoro e non lo cercano
Tasso di Attività: #Forze di Lavoro/ (#Forze di Lavoro + #Inattivi)

15) Teoria di Schumpeter

Secondo Schumpeter lo sviluppo economico è essenzialmente diverso dalla semplice crescita economica, comporta un mutamento qualitativo ed è un processo endogeno al sistema economico. Nel suo studio dello sviluppo S. suppone di partire da una situazione in cui l’economia si trovi in una condizione di equilibrio stazionario, in cui non si hanno risparmi né investimenti netti, né mutamenti tecnologici. In questa situazione anche i profitti sono nulli. Schumpeter chiama questo stato di cose “flusso circolare”, lo stato dell’economia studiato dall’analisi dell’equilibrio economico generale. Si tratta di una situazione teorica, utile per sviluppare le caratteristiche dello sviluppo economico in contrapposizione allo stato stazionario.Lo sviluppo è concepito come rottura del flusso circolare. Questa rottura è compiuta dal soggetto che secondo S. caratterizza il capitalismo: l’imprenditore, la cui funzione specifica è quella di introdurre innovazioni nel sistema economico. L’innovazione è quindi la caratteristica dello sviluppo economico capitalistico. Questo sviluppo non è semplice crescita quantitativa di qualche variabile macroeconomica, ma cambiamento qualitativo legato alla introduzione di nuovi metodi produttivi, di nuovi beni o di nuovi modi di organizzazione dell’attività economica.L’attività di innovazione è definita in termini molto ampi ed è classificata da Schumpeter nel seguente modo:

1. Produzione di un bene nuovo, capace di soddisfare bisogni nuovi o di soddisfare meglio bisogni già esistenti

2. L’introduzione di un nuovo processo produttivo

3. Apertura di un nuovo mercato

4. Conquista di una nuova fonte di materie prime o semilavorati

5. La realizzazione di nuove forme organizzative (es. creazione di monopolio)

Le prime due innovazioni si riferiscono ad innovazioni di prodotto e di processo e sono in generale legate a progressi tecnologici. Il secondo gruppo non implica necessariamente progresso tecnologico e le innovazioni sono più legate a miglioramenti organizzativi dell’industria.

S. non ritiene che il processo di sviluppo causato dalle innovazioni avvenga in modo lineare, ma afferma che esso si realizza in forma ciclica. Infatti le innovazioni non si distribuiscono uniformemente nel tempo, ma appaiono in modo discontinuo “a gruppi o a sciami".

16) Funzione del benessere sociale

Per massimizzare il benessere sociale è necessario definire una funzione di benessere sociale. Si devono stabilire i parametri dai quali dipende il benessere sociale: in generale è definito in funzione delle utilità individuali. Si può affermare che la FBS è lo strumento che consente di ordinare in termini di benessere diversi possibili stati sociali (ovvero le diverse configurazioni di produzione, scambio e distribuzione dei bene tra gli individui). Una funzione del benessere sociale esprime il benessere collettivo in funzione del benessere delle persone che compongono la società e quindi definisce un loro ordinamento.

Funzione Benthamiana (definizione utilitaristica)

Secondo Bentham la massimizzazione del benessere sociale si ottiene con la soddisfazione del maggior numero di persone. La FBS corrisponde alla somma delle utilità dei singoli individui:

W= U1+U2

Funzione Rawlsiana

John Rawls costruisce la FBS assumendo come principio l’assunto secondo cui il benessere della società migliora quando migliora il benessere dell’individuo che si trova nella situazione peggiore ( principio del minimax). Con questa formulazione della funzione il benessere sociale è assunto come funzione dell’utilità dell’individuo che si trova nella situazione peggiore nella società

Funzione egualitaria

La FBS egualitaria adotta come principio fondante l’uguaglianza tra le utilità dei singoli. C’è benessere sociale quando le utilità dei singoli individui sono tra loro uguali, per questo la FBS assume la forma grafica di una retta che parte dall’origine lungo la quale si posizionano le singole utilità.

17)Immigrazione e le sue conseguenze, soprattutto nel mercato del lavoro

Il tema più analizzato in relazione all'incremento dei flussi migratori è quello relativo alle possibili conseguenze salariali e occupazionali che una più alta popolazione di migranti può avere su quella dei nativi. L’immigrazione comporta un effetto di concorrenza, riducendo le opportunità occupazionali per i nativi e comprimendone i salari medi. Questo perché l’arrivo degli immigrati rappresenta uno shock di offerta. È però da sottolineare come la forza lavoro immigrata e quella autoctona difficilmente siano tra loro omogenee, differendo soprattutto per il livello medio delle competenze, e quindi non sono tra loro perfetti sostituti. Un eventuale effetto di sostituibilità riguarda solo i segmenti del mercato del lavoro meno qualificato (a bassa scolarizzazione).

18) Teoria del contratto sociale

Il contratto sociale è una teoria sviluppata da Rousseau, che fa riferimento all'impegno assunto da un cittadino con lo Stato, quando è integrato in una società che è sotto la gestione di quest'ultimo. L'impegno, simbolicamente, Rousseau lo rappresenta con un contratto.

Il contratto sociale, quindi, si riferisce al contratto simbolico che si instaura tra un cittadino e lo Stato. Ed è che, quando una persona appartiene a una certa società, questa è impegnata in una serie di obblighi che allo stesso modo conferiscono alcuni diritti. Questi obblighi e diritti che il cittadino acquisisce quando si unisce a una società sono ciò che il filosofo chiamava un contratto sociale. Si precisa che tale contratto viene sottoscritto dal cittadino, implicitamente, al momento dell'ingresso in azienda. Non esiste un contratto in quanto tale, ma in questo caso è rappresentato simbolicamente come una sorta di contratto, in quanto accordo tra cittadini e Stato.

19) Indici della qualità della vita (esempio BES)

Il Benessere Equo e Sostenibile (BES) è un insieme di indicatori che hanno lo scopo di valutare il progresso della società non solo dal punto di vista economico, ma anche sotto l'aspetto sociale e ambientale. Dal 2018 gli indicatori BES sono stati inclusi tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale. In un apposito allegato al DEF sono riportati l'andamento nell'ultimo triennio degli indicatori, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica del quadro programmatico e dei contenuti dello schema del Programma nazionale di riforma. Il Ministero dell'economia e delle finanze presenta inoltre una Relazione annuale al Parlamento con la stima degli effetti dell'ultima manovra economica sull'andamento degli indicatori. Il Rapporto Bes, pubblicato annualmente dall'ISTAT, illustra un quadro integrato dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano il nostro Paese, attraverso l'analisi di un ampio set di indicatori suddivisi in 12 domini. Quelli di maggior rilievo: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo.

20) Distribuzione del reddito e i metodi di concentrazione

Per distribuzione personale o distribuzione quantitativa del reddito si intende la distribuzione del reddito disponibile per classi di reddito percepito dagli individui o dalle famiglie. Gli indicatori di concentrazione forniscono una misura di quanta parte di un carattere misurabile sia posseduto da una data frazione della popolazione: Curva di Lorenz; Indice di Gini. La curva di Lorenz è una misura relativa della disuguaglianza che consente di rappresentare graficamente la quota di reddito totale percepita da una porzione di popolazione ordinata per livelli non decrescenti di reddito. Si considera il gruppo di soggetti da esaminare, ordinati in modo crescente rispetto al reddito personale. Si calcolano le distribuzioni cumulate del reddito: ossia quale % di reddito è posseduto dal 1% di popolazione, dal 2 %.. fino ad arrivare al 100% della popolazione. Se il reddito fosse distribuito in modo assolutamente equo, l’ 1% della popolazione avrebbe esattamente l’1% di reddito, il 2% della popolazione esattamente il 2% di reddito,..in tal caso la curva di Lorenz coinciderebbe con la retta a 45°. Se è un unico soggetto a possedere l’intero ammontare del reddito la curva coincide con l’asse orizzontale. Quanto più la curva di Lorenz si allontana dalla pendenza di 45° tanto meno equamente il reddito è distribuito. L’indice di Gini è un indice che può variare tra 0 = distribuzione perfettamente equa e 1= caso di massima concentrazione nella distribuzione del reddito ed è definito come il rapporto fra l'area compresa tra la linea di perfetta uguaglianza e la Curva di Lorenz.

21) Disuguaglianze delle opportunità

Con Una teoria della giustizia Rawls tenta di superare la dottrina filosofica dell’utilitarismo, cioè, l'idea secondo la quale una società giusta debba perseguire il maggior benessere possibile per il maggior numero di persone. Per Rawls la posizione utilitaristica tende a sacrificare gli interessi della minoranza. La concezione di giustizia rawlsiana si basa sull'idea che tutti i beni sociali principali devono essere distribuiti in modo eguale, ed una distribuzione eguale può esserci solo se avvantaggia i più svantaggiati. Rawls utilizza due argomenti a sostegno delle sue idee. Con il primo argomento contrappone la sua teoria alla teoria dell'uguaglianza delle opportunità; il secondo argomento è quello del contratto sociale. Secondo Rawls, in una società che si fonda sull'uguaglianza delle opportunità, le disuguaglianze di reddito sono giuste perché legate alle capacità ed i meriti di ogni singolo individuo. Egli non critica queste disuguaglianze ma le disuguaglianze immeritate.

22) Misure di disuguaglianza del reddito (problematica di distribuzione della ricchezza tra le famiglie. Curva di Lorenz, Indice di Gini, indici vari di disuguaglianza) Vedi domanda n.20

23)Indici di differenziazione (dovrebbe essere dispersione) e distribuzione del reddito funzionale e personale (curva di Lorenz)

La distribuzione personale del reddito è il modo in cui il reddito si distribuisce tra i soggetti che compongono la comunità. La distribuzione funzionale del reddito è la modalità con cui il reddito si distribuisce fra i fattori produttivi che hanno concorso a produrlo. Il reddito è un carattere misurabile che si ripartisce in maniera non uniforme tra i componenti di un gruppo. Gli indicatori di dispersione o variazione, esprimono quanto una distribuzione è dispersa intorno alla sua media. Tra essi figurano, ad esempio, la varianza (var), lo scarto quadratico medio (sqm), e lo scostamento medio assoluto dalla media (smam). Un altro indicatore di dispersione ampiamente utilizzato è il “rapporto percentilico”. Gli indicatori di concentrazione forniscono una misura di quanta parte di un carattere misurabile sia posseduto da una data frazione della popolazione: Curva di Lorenz; Indice di Gini. (Vedi domanda 20)

24)Allocazione e distribuzione

La scelta degli operatori privati e pubblici di utilizzare le risorse disponibili per una o un’altra finalità modifica la distribuzione delle risorse tra i componenti della collettività ed influisce sui livelli di benessere di ciascuno. L’allocazione delle risorse, ossia l’impiego delle risorse disponibili tra i possibili utilizzi alternativi, ha perciò conseguenze distributive. La distribuzione delle risorse, ossia la ripartizione delle risorse (o del prodotto che dal loro utilizzo deriva) tra gli individui che compongono la collettività, implica la loro allocazione. L’allocazione e la distribuzione delle risorse costituiscono i due fondamentali aspetti, interrelati, oggetto dell’analisi economica. Abbiamo due criteri di valutazione: efficienza ed equità. Un’allocazione delle risorse è efficiente (Vilfredo Pareto, 1896) se, modificando tale allocazione, non è possibile aumentare il benessere di uno degli individui che compongono la collettività senza che sia diminuito il benessere di almeno un altro individuo. L’equità distributiva si raggiunge per quella distribuzione delle risorse che rende massimo il benessere collettivo.

24. Allocazione e distribuzione

L’allocazione e distribuzione delle risorse costituiscono due pilastri fondamentali nello studio della materia “Scienze delle Finanze”. Essi sono tra loro correlati, interdipendenti e rappresentano l’oggetto dell’analisi economica. L’Allocazione delle Risorse nello specifico indica la modalità di impiego e di utilizzo di tutti quei beni che risultano essere disponibili e che hanno utilizzi alternativi. Distribuzione delle Risorse invece rappresenta la ripartizione dei beni e delle risorse disponibili tra gli individui che compongono la collettività.

25. Distribuzione personale del reddito

La distribuzione personale del reddito va distinta dalla distribuzione funzionale. Quest’ultima infatti fa riferimento all’intera società economica prendendo come variabili di questa analisi il Capitale ed il Lavoro. Quindi essa consiste nella ripartizione del reddito tra i fattori che hanno contribuito alla sua produzione. La distribuzione personale invece ha un carattere più specifico e fa riferimento alla ricchezza dei singoli individui, famiglie o classi sociali. Se prendessimo ad esempio il nucleo familiare, potremmo avere una composizione di diversi redditi (da lavoro, da profitto, da rendita). Quindi essa consiste nella ripartizione del reddito tra i diversi soggetti appartenenti alla società.

26. Forme di distribuzione del reddito

La distribuzione del reddito è oggetto di studio da parte della Finanza Pubblica. La distribuzione può manifestarsi:


  • Contraendo il reddito di tutte quelle categorie che si vogliono ridimensionare (attraverso un carico fiscale più gravoso, un aumento dei prezzi di determinati beni, etc.);
  • Aumentando il reddito reale delle categorie che si vogliono privilegiare (attraverso i sussidi, diminuzioni di alcuni prezzi al consumo etc.).

In generale le misure che consentono una più equa distribuzione dei redditi possono essere raggruppate in due macro-aree: vincoli posti al mercato, come ad esempio imposizione di salari minimi, attenzione sui prezzi dei beni; ed ancora vincoli su movimenti finanziari di cui si è già parlato sopra e sono rappresentati dall’imposizione dei sussidi e delle imposte progressive. Molteplici sono dunque le direzioni verso cui si può orientare la redistribuzione.

27. Pianificazione e strumenti per realizzare la distribuzione della ricchezza

In merito alla pianificazione numerosi studi hanno tentato di spiegare la politica redistributiva. Uno dei primi economisti in questo campo fu Pigou. Seguendo la tradizione utilitaristica inglese Pigou riteneva che il benessere sociale coincide in sostanza con il benessere economico e dunque con il reddito. Poiché il reddito, così come ogni altro bene economico, ha un’utilità marginale decrescente, ne consegue che una politica redistributiva, che sposti il reddito dalle fasce più ricche a quelle più povere della popolazione accresce necessariamente il benessere sociale, a patto di non produrre inefficienze nell’allocazione delle risorse e di non ridurre il volume del reddito. Tra gli strumenti utilizzati per la distribuzione della ricchezza (di cui si è già accennato sopra) troviamo: modificazioni delle imposte, elargizione di sussidi a determinate fasce della popolazione, variazione dei prezzi di determinati beni etc.

28. Soglie di povertà

La soglia di povertà rappresenta in linea teorica una sorta di linea/ demarcazione tra chi è povero e chi non lo è. Si suole suddividere la povertà in due modi:

  • Povertà Relativa: questo concetto spesso viene confuso con quello di diseguaglianza. Questa soglia di povertà viene stabilita in relazione ad un indice di posizione che riguarda la distribuzione dei consumi o dei redditi familiari.
  • Povertà Assoluta: si basa sull’individuazione di un paniere di beni essenziali che garantisce il soddisfacimento dei bisogni minimi. Il valore di tale paniere individua la linea della povertà assoluta.

Quest’ultima definizione è quella che viene usata dagli Organismi Internazionali, possiede un carattere di oggettività e non è influenzata dal ciclo economico.

29. Elettore mediano

L’elettore mediano è l’individuo le cui preferenze occupano una posizione intermedia nell’insieme delle preferenze di tutto il gruppo, cioè metà degli elettori vorrà una quantità maggiore di quel bene rispetto all’elettore mediano, mentre l’altra metà ne vorrà una quantità minore. Ovviamente questo si realizza solo se ipotizziamo di mettere votazione solo la quantità di bene da produrre. Lo stesso teorema dell’elettore mediano afferma che se tutte le preferenze sono unimodali, il risultato di una votazione a maggioranza riflette la preferenza espressa dall’elettore mediano.

30. Investimento nell’istruzione

Prima di vedere l’investimento dell’istruzione è bene analizzare il valore attuale di un pagamento. Esso risulterà pari a VA = Y/(1+r)

Dove r è il tasso di interesse o di sconto, mentre Va (valore attuale) rappresenta quanto investire oggi per avere Y il prossimo anno.

Fatta questa premessa spostiamo la nostra attenzione sul tasso di sconto relativo alla decisione di investimento nell’istruzione. In questo caso r determina il grado di scolarizzazione quanto più alto è il tasso di sconto tanto meno si investe in istruzione. Chi ha un alto r attribuisce un valore basso alle opportunità, ovvero “sconta” molto il reddito futuro acquistando meno istruzione.

SURPLUS DEL CONSUMATORE

Il surplus del consumatore rappresenta la differenza positiva che un individuo è disposto a pagare per ricevere un determinato bene o servizio ed il prezzo di mercato del bene. Ovviamente il surplus del consumatore è dato dalla somma dei surplus individuali. Per comprendere meglio facciamo un esempio: se un individuo è disposto a pagare 100 euro per avere un paio di cuffie nuove, ma alla fine ottiene le stesse cuffie a Euro 60,00 allora l’individuo avrà avuto un surplus di Euro 40,00.

36) CAPITALE NETTO E VALORE DELL’IMPRESA

Il capitale netto in contabilità è dato dalla differenza tra attività e passività, esso rappresenta quindi un valore che può essere determinato solo considerando il capitale nel suo aspetto quantitativo. Non è un bene, ne risulta un investimento in singoli beni ma è appunto il risultato di una operazione aritmetica per questo motivo si dice che è un fondo di valori riferito ad un certo istante. Il capitale netto rappresenta il capitale proprio di un’azienda mentre le passività rappresentano il capitale di terzi. Il capitale netto può essere considerato anche un elemento stabilizzatore in quanto non genera flussi in uscita; con i debiti a m/l termine viene classificato tra le fonti. Confrontandolo con il valore dell’impresa possiamo considerare quest’ultima come l’utilità che il mercato riconosce ai suoi prodotti misurata in termini di prezzo e quantità vendute. Si distingue in valore d’uso e valore di scambio: il valore d’uso è l’utilità procurata al consumatore dalla disponibilità di un prodotto considerando il punto di vista del consumo; valore di scambio è il prezzo al quale un prodotto può essere scambiato sul mercato si considera il punto di vista del commercio.

37) VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE E DEGLI INVESTIMENTI

La valutazione delle performance economico-finanziarie delle imprese richiede strumenti specifici e che il loro utilizzo sia preordinato all’interno di una logica che deve porre la finanza come strumentale rispetto al conseguimento dell’obiettivo primario dell’impresa ovvero l’utile, profitto o creazione di valore. Gli indici di bilancio sono rapporti o differenze calcolati sulla base della grandezza patrimoniale, finanziaria ed economica ottenute dal bilancio d’esercizio con lo scopo di ottenere una valutazione delle prestazioni economico-finanziarie così da verificare la solidità della struttura aziendale controllando lo stato di salute dell’impresa. Permette una misurazione interna ed esterna, infatti alcuni imprenditori non si preoccupano degli utili ma vogliono verificare il grado di solidità e capire se ci sono possibilità di gestirla meglio. Alcuni esempi sono: ROI dato dal rapporto tra capitale operativo e capitale investito utile nella valutazione dell’efficienza degli investimenti effettuati. ROS: reddito operativo/ricavi esprime la profittabilità delle vendite; ROA: utile/totale attività misura la redditività del capitale investito, inteso come la capacità di generare valore attraverso gli asset. ROE: utile/capitale proprio indica la redditività del capitale proprio, la bontà dell’investimento. CTO(RTO): ricavi di vendita/capitale investito esprime la capacità degli investimenti di convertirsi in ricavi, è uno degli indicatori di efficienza più utilizzati

38) FATTORI DI RISCHIO E DI INVESTIMENTO

Con il termine rischio viene indicata la probabilità di ottenere da parte di investitori un rendimento minore rispetto a quello previsto a causa di volatilità dell’investimento; quest’ultimo è un indicatore che esprime la variabilità dell’investimento nel tempo. Esistono diverse tipologie di rischio tra i più comuni troviamo:


  • Rischio di mercato: perde il suo valore iniziale a causa di fattori legati alle normali oscillazioni del mercato.
  • Rischio operativo: istituzioni finanziarie che detengono e gestiscono gli investimenti dei clienti.
  • Rischio di credito: possibilità che il debitore non assolva i suoi obblighi di rimborso nei confronti dei creditori e dei termini stabiliti
  • Rischio sistemico legato a fattori che possono compromettere il sistema finanziario e le sue parti ( fallimento di una grande banca).

La propensione al rischio indica la capacità di sopportare perdite patrimoniali dovute a fattori di incertezza come l’andamento negativo del mercato o al fallimento; calcolare tale propensione diventa quindi fondamentale prima di investire poiché permette di quantificare la parte di patrimonio investito che sì è disposti a perdere

39) INVESTIMENTI PUBBLICI

Insieme delle spese in conto capitale dello stato o delle altre amministrazioni pubbliche finalizzate ad incrementare lo stock di capitale fisico o tecnologico a disposizione del territorio e del sistema produttivo la cui utilità non si esaurisce nel caso di un esercizio finanziario. Perimetro dei soggetti che la effettuano, si tratta di spese di investimento effettuate dagli operatori pubblici che appartengono al settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche. Abbiamo amministrazioni centrali organi amministrativi dello stato ed enti centrali la cui competenza si estende al territorio nazionale (presidente consiglio ministri, agenzie fiscali); amministrazioni locali circoscritta ad una parte del territorio nazionale ( regioni, provincie); enti di previdenza erogatori di prestazioni sociali obbligatorie (inps, inail). Gli investimenti pubblici corrispondono ad alcune tipologie di spese di questi soggetti: investimenti fissi lordi acquisizioni al netto delle cessioni, di capitale fisso consistente in beni materiali o immateriale; spese per investimenti indiretti attraverso le spese in conto capitale che costituiscono contributi agli investimenti e trasferimenti a favore degli altri soggetti ( imprese, famiglie, istituzioni sociali o private) erogati unilateralmente senza alcuna contropartita. Nel conto capitale sono comprese le spese per l’acquisizione di attività finanziarie che riguardano l’acquisizione di partecipazioni e azioni, conferimenti di capitale e concessione di credito per finalità produttive. Una delle principali destinazioni sono le opere pubbliche, in Italia è stata prevista l’istituzione di un sistema di monitoraggio per tracciare i flussi di risorse destinate alle opere pubbliche e i risultati (MOP monitoraggio opere pubbliche). Investimenti effettuati con risorse nazionali o comunitarie( fondo per lo sviluppo e la coesione, fondi strutturali europei).

40) INDICE DI INVESTIMENTO ED ECONOMICITA’ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

L’Art 21 c.22 l 196/2009 prevede che a ciascun obiettivo prefissato andranno assegnati indicatori significativi per misurare i risultati in termini di livello dei servizi e di investimento. Un indicatore è una misura sintetica che riassume l’andamento dei fenomeni oggetto d’indagine e valutazione tra i quali si comprendono efficienza, efficacia ed economicità della gestione di una Pubblica Amministrazione. Indicatori di realizzazione fisica: esprimono la misura di prodotti e servizi e lo stato di avanzamento della loro realizzazione. Indicatori di risultato: indicano l’esito del programma di spese ovvero la capacità dei prodotti e servizi erogati di essere adeguati alle finalità perseguite in termini di qualità conseguita, di beneficiari raggiunti e di usufruibilità del servizio. Indicatori d’impatto: impatto che la spesa produce sulla collettività e sull’ambiente. Indicatori di realizzazione finanziaria: avanzamento spesa prevista per la realizzazione dell’obiettivo e dell’intervento. Possono essere associati ad un obiettivo soltanto in associazione ad indicatori di altro tipo.

Il principio di economicità prescrive che nello svolgere la sua attività la Pubblica Amministrazione deve usufruire il minor dispendio di mezzi finanziari intesi anche nel senso strumentale e non monetario.

41) CAPITALIZZAZIONE PENSIONI

Il sistema pensionistico svolge un triplice ruolo: funzione assicurativa(raccoglie i contributi durante la vita lavorativa per poi restituirla in vecchiaia accresciuta del rendimento) funzione previdenziale( mantengono durante la vecchiaia un tenore di vita correlato alla vita lavorativa) funzione assistenziale ( assicura ad ogni cittadino uno standard di vita minimo). Possono essere classificati prendendo in considerazione il modello di finanziamento ad essi soggiacente, oltre al sistema a ripartizione abbiamo quello a capitalizzazione nel quale sulle entrate di ciascun lavoratore sono operate le trattenute che impiegate nel mercato forniscono i montanti con cui sarà pagata la sua pensione domani (Sistema analogo alle assicurazioni private). Il montante è la somma del capitale iniziale più gli interessi maturati. Possiamo calcolarlo col sistema a capitalizzazione semplice M=k*i*t o composta M=K(1+i)^t

42) FUNZIONI SPESA PUBBLICA

La spesa pubblica mira a realizzare i seguenti fini: produzione e conduzione di pubblici servizi essenziali alla vita della collettività, stabilizzazione e sviluppo del reddito dei singoli e dell’impresa, redistribuzione più equa del reddito per migliorare il benessere sociale. I presupposti che la giustificano sono riconducibili alla generalità dei bisogni, alla convenienza e opportunità di esso con le scelte della quantità dei mezzi più idonei a soddisfare il bisogno e la propensione tra spese sostenute e servizio offerto ai cittadini.

43) EFFICACIA ED EFFICIENZA SPESA PUBBLICA

L’economia del benessere per raggiungere il fine ha bisogno di valutare le differenti situazioni economiche in termini di efficienza intesa come allocazione delle risorse. Lo sviluppo di tale principio si deve a Pareto il quale si concentrò sull’analisi delle scelte individuali. Tale principio trova applicazione sia in termini di produzione che di scambi. Afferma che se tutti sono razionali potrò scegliere la situazione che produce x+1 di beni, in relazione allo scambio nel distribuire beni scelgo una riallocazione che migliori il benessere di uno senza peggiorare l’altro. Ci troviamo in una situazione di miglioramento del benessere della società. Una situazione di ottimo paretiano deve soddisfare 3 situazioni di efficienza: scambio, produzione, composizione prodotto.

44) SPESA PUBBLICA: ALLOCAZIONE E REDISTRIBUZIONE RISORSE

Per ricercare l’efficienza nella produzione e si usa la scatola di Edgeworth una rappresentazione in cui si misura la quantità di due fattori produttivi messi in relazione da una famiglia di isoquanti. Tutti i punti rappresentano un certo ammontare frutto dell’utilizzo dei fattori di produzione K e L. il tasso marginale di sostituzione tecnica ci dice la quantità di un fattore a cui possiamo rinunciare per ogni unità aggiuntiva dell’altro fattore e corrisponde al rapporto differenziale tra K e L. mettendo a confronto sullo stesso asse un altro bene otteniamo la curva dei contratti lungo la quale possiamo leggere i punti di efficienza paretiana. Il tasso di trasformazione tecnica dei due beni deve essere uguali. Spostando l’attenzione allo scambio il ragionamento è simile ma la condizione per la sua efficienza è l’uguaglianza tra i due tassi marginali di sostituzione (TMS= px/py).

45) INCIDENZA SPESA PUBBLICA SUL PIL

Considerando un paese che non abbia rapporti commerciali con l’estero e partendo dalla domanda di beni e servizi possiamo effettuare il calcolo che permette di valutare la sua incidenza, si determina sommando: consumi delle famiglie in beni durevoli, beni di consumo e servizi, investimenti d’impresa (Y=C+I). può accadere che in un anno la domanda di beni di consumo e investimento del settore privato sia inferiore alla produzione. In tal caso permane comunque l’identità perché le scorte vengono registrate come investimenti.

46. DEBITO PUBBLICO E SUOI EFFETTI SUL SISTEMA FINANZIARIO

Il debito pubblico è il debito contratto dallo Stato per soddisfare il proprio fabbisogno (risorse necessarie per far funzionare la macchina statale) è l’ammontare complessivo che uno Stato contrae per finanziare il proprio deficit – debito e deficit sono due indicatori estremamente importanti nell’economia di un Paese, nonché strettamente correlati (all’aumentare del deficit aumenta il debito pubblico). Fino al primo conflitto mondiale il debito pubblico costituiva un fatto straordinario, di regola il bilancio doveva chiudersi in pareggio. Nel secondo dopoguerra si è avuta una espansione del debito pubblico (anche in seguito alle teorie keynesiane) e, in Italia, a partire dal 1991 il debito pubblico ha scavalcato il valore del PIL (valore attività produttive di un paese nell’arco di un anno).

È necessario tenere sotto controllo l’espansione del debito pubblico, in quanto un aumento eccessivo va di pari passo con un aumento dei tassi di interesse per poter collocare i titoli del debito pubblico in modo “conveniente” per i cittadini, nello stesso tempo la spesa per interessi passivi da corrispondere a fronte del collocamento dei titoli di Stato va a gravare il deficit pubblico creando un circolo vizioso. Altra conseguenza devastante per il sistema economico è quella dell’effetto spiazzamento, in quanto i risparmi delle famiglie si dirigono vso i titoli di stato togliendo risorse agli investimenti privati.

Si ha una stretta correlazione anche tra debito pubblico e mercato finanziario, lo Stato per finanziare debito pubblico emette titoli di stato e si avrà un aumento dei tax di interesse. ( bot, cct, ..cittadino diventa sia debitore che creditore dello stato)

47. RAPPORTO DEBITO/PIL (PARAMETRI UE)

2021 rapporto debito pubblico/pil in Italia è 150,4% pari a 2.678,4 miliardi di euro. Secondo i criteri di Maastricht uno Stato dovrebbe avere un rapporto DEBITO/PIL pari o minore del 60% o, come nel caso dell’Italia, dare segnali di riduzione. Un debito eccessivo potrebbe portare il Paese a non rispettare i propri impegni e quindi al default.

48. DEBITO PUBBLICO E DEFICIT (DIFFERENZA TRA ENTRATE E COSTI AL NETTO DEL DEBITO)

Debito pubblico – ammontare dei debiti che un Paese ha contratto nella sua storia verso i creditori che possono essere enti, persone, imprese o altri Paesi.

Deficit – disavanzo che si genera quando le uscite superano le entrate in un determinato arco temporale, (es. anno) maggiore il deficit, maggiore sarà il debito e maggiore la spesa per interessi passivi.

49. CREDIT CRUNCH O STRETTA CREDITIZIA

Situazione del mercato in cui è difficile ottenere i prestiti. Cause: 1 – minore disponibilità da parte degli istituti di credito a concedere denaro; 2 – inasprimento condizioni credito (per aumento tax interesse); 3 – scarsa patrimonializzazione banche che concedono prestiti solo a imprese a basso rischio; 4 – crediti eccessivi concessi a richiedenti inadeguati causando perdite alle banche; 5 – politiche monetarie restrittive fatte a livello centrale con aumento tax interesse.

CONSEGUENZE: Recessione, maggiori tassi di interesse, minore spesa per investimento, minore occupazione.

50. COSTO DELLA VITA

Costo della vita ossia la somma spesa da una famiglia per i suoi consumi. Gli indici più utilizzati sono quello di Laspeyres e l’indice di Paasche. Gli indici di prezzo di Laspeyres sono indici ponderati, ipotesi implicita è che le preferenze dei consumatori rimangano costanti nel tempo e l’elasticità della domanda rispetto ai prezzi sia pari a zero. La formula è prezzi al tempo t per quantità al tempo zero diviso prezzo al tempo zero per quantità al tempo zero.

Indice di Paasche = prezzo al tempo t per quantità al tempo t diviso il tutto per prezzo al tempo zero per quantità al tempo t.

51. INDICI ISTAT NEL MONDO DEL LAVORO E DEI PREZZI

Indicatori statistici nel mercato del lavoro:

tasso di attività = forza lavoro (15-64 anni) /popolazione totale (15 – 64 anni) = popolazione attiva/popolazione in età lavorativa

tasso di disoccupazione = disoccupati/disoccupati + occupati

tasso di occupazione= occupati/tot popolazione

INDICI ISTAT DEI PREZZI PER MISURARE L’INFLAZIONE

Indice IPCA – indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi UE. Usato per misurare l’inflazione comparandola a livello europeo, tenendo come base il rincaro registrato in Svizzera. Stati UE adottano stesse metodologie per la comparabilità.

FOI – Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi. Si usa per adeguare periodicamente i valori monetari, canoni di affitto, assegni al coniuge…

NIC – indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, si riferisce alla generalità dei consumi delle famiglie presenti in Italia.

52. MISURA DELLE VARIAZIONI DEI PREZZI

Nelle economie di mercato i prezzi dei beni e servizi possono subire variazioni in aumento o in diminuzione in qualsiasi momento. La misura dell’inflazione consiste nel calcolo mensile delle variazioni dei prezzi di un insieme prefissato di beni, detto paniere, che varia sistematicamente per monitorare i consumi, crescita, riduzione del tasso di inflazione.

Il paniere contiene 1489 prodotti elementari che variano in base all’indagine ISTAT che ogni anno coinvolge circa 28 mila famiglie italiane.

53. VALUTAZIONE DEI PREZZI

Diverse sono le variabili per il processo di determinazione dei prezzi. Dai costi sostenuti, al valore percepito, al prezzo stabilito dai competitor all’andamento del mercato.

54. I PREZZI DEI MERCATI FINANZIARI

Allocazione del credito – trasferimento denaro tra chi ne ha e chi ne ha bisogno. Trasferimento tra famiglie e imprese. A muovere i mercati finanziari è la DOMANDA e l’OFFERTA dei prodotti finanziari quotati. Un eccesso di D sull’O farà crescere le quotazioni, mentre una domanda debole le farà scendere. Variabili che determinano le quotazioni degli strumenti finanziari.

Dati economici – fondamentali ( tax di interessi incidono fortemente sul mercato finanziario)

Impatto psicologico – aspettative

Controllare il mercato è impossibile, ma è possibile controllare il proprio comportamento con portafoglio diversificato.

55. TITOLI DI STATO

Obbligazioni emesse periodicamente dal MEF allo scopo di finanziare il debito pubblico o direttamente il deficit pubblico. Tassazione al 12,5% ( invece del 26% come per le plusvalenze diverse da quelle dei titoli di stato). I più comuni: BOT, BTP, CTZ – certificati di deposito zero coupon… (Bot e Ctz sono, i primi a breve termine i secondi a medio lungo termine con scarto di emissione, cioè c’è una differenza tra prezzo di emissione e quello di rimborso - per i BTP invece, che sono buoni del tesoro pluriennali, vi è una cedola semestrale o annuale e al rimborso è uguale al capitale investito). I titoli di Stato rappresentano una forma di investimento per i cittadini che diventano al contempo creditori e debitori dello Stato.

56. MONETA ESTERA

Insieme dei mezzi di pagamento avente corso legale in un determinato Paese e utilizzabile negli scambi internazionali. Le quotazioni, cioè il loro valore espresso in valuta nazionale dipendono dall’andamento degli scambi commerciali. Tali quotazioni però non sono lasciate al libero gioco della domanda e dell’offerta ma subiscono aggiustamenti da parte delle Banche Centrali che intervengono sul mercato dei cambi con acquisti e vendite di valuta. Questo per cercare di mantenere entro un determinato range la quotazione dei cambi

57. Inflazione cos’è e come si misura: nozione, modalità di calcolo, soggetto che procede al calcolo (ISTAT) ed indici FOI

L’inflazione, in economia, indica una crescita generalizzata e continuativa dei prezzi nel tempo. È un indicatore fondamentale perché il livello dei prezzi condiziona il potere di acquisto delle famiglie, l’andamento generale dell’economia, l’orientamento delle politiche monetarie delle banche centrali. Per calcolare l’inflazione è necessario costruire un indice dei prezzi al consumo e nella maggior parte dei paesi la misurazione di questo indice è attribuita all'Istituto nazionale di statistica. In Italia se ne occupa dunque l’Istat che, sulla base dei prezzi di un insieme, denominato paniere, di beni e servizi, rappresentativo dei consumi delle famiglie, calcola il suo indice dei prezzi al consumo. In particolare, l'Istat elabora tre indici principali dei prezzi al consumo:


  1. L’indice dei prezzi al consumo Nazionale per l’Intera Collettività (Nic) che misura la variazione nel tempo dei prezzi di beni e servizi acquistati sul mercato per i consumi finali individuali;
  2. L’indice dei prezzi al consumo per le Famiglie di Operai e Impiegati (Foi): calcola la variazione nel tempo dei prezzi al dettaglio, dei beni e servizi correntemente acquistati dalle famiglie di lavoratori dipendenti;
  3. L’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca, in inglese l’acronimo è HICP ossia Harmonised Index of Consumer Prices) sviluppato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo. A differenza degli indici Nic e Foi, l’indice IPCA si riferisce al prezzo effettivamente pagato dal consumatore ed esclude alcune voci presenti nel paniere degli altri due indici tenendo conto anche delle riduzioni temporanee di prezzo (come saldi, sconti e promozioni). l'indice armonizzato europeo IPCA (o HICP) è di grande rilevanza perché utilizzato come indicatore di verifica della convergenza delle economie dei paesi membri della UE (Unione Europea), al fine della permanenza o dell'ingresso nell'Unione Monetaria. L’indice IPCA è inoltre utilizzato come riferimento dalla Banca Centrale Europea (Bce) per l’attuazione della politica monetaria europea. Come noto l’obiettivo principale della Bce è proprio quello di mantenere nell’Eurozona la stabilità dei prezzi.

  4. Effetti dell’Inflazione sulla Disoccupazione

La Curva di Philips studia il rapporto tra Inflazione e Disoccupazione e individua tra i due tassi un rapporto inverso:
Quanto più è basso il tasso di disoccupazione (Piena Occupazione, misurata sull’asse delle ascisse) tanto più è alto il tasso di crescita dei Salari nominali e dei Prezzi (Inflazione – sull’asse delle ordinate).
Questo perché il salario monetario è anche un componente del lavoro, il fattore produttivo principale della funzione di produzione (che influenza i costi e quindi i prezzi finali – inflazione attesa). Al crescere dell’occupazione i salari crescono e con essi i costi di produzione, che si traducono in prezzi più alti per i consumatori. Per Philips quindi il policy maker non può perseguire contemporaneamente obiettivi di riduzione dell’inflazione e del tasso di disoccupazione, ma solo limitarsi a scegliere una combinazione dei due valori lungo la curva. Queste valutazioni valgono solo però sul breve periodo. Analisi empiriche dimostrano infatti che, nel lungo periodo, le aspettative si adeguano al tasso di inflazione e il rapporto tra inflazione e tasso di disoccupazione si interrompe. La Curva di Philips di lungo periodo sarà quindi una retta verticale, parallela all’asse delle ordinate (prezzi) e chiameremo il punto in cui interseca l’asse delle ascisse tasso naturale di disoccupazione




  1. Target d'inflazione della BCE (Inflation Targeting)

Regime di politica monetaria che persegue la stabilità dei prezzi.
La Banca Centrale assegna agli Stati un obiettivo di tasso inflazione, attorno al quale mantenere l’inflazione effettiva. L'obiettivo inflazionistico e l’orizzonte entro il quale realizzarlo vengono annunciati pubblicamente. La BCE monitorerà costantemente lo scarto tra inflazione prevista e target inflazionistico e si impegna a fornire tempestivamente ogni aggiornamento sullo stato di avanzamento della strategia. Questo impegno alla trasparenza riduce l’incertezza sul corso della politica monetaria e rafforza allo stesso tempo la credibilità della Banca Centrale, che quando necessario potrà così imporre interventi correttivi ai tassi di interessi senza creare panico nei mercati. (concetto sottostante: inflazione attesa)

60. Teoria sull’inflazione programmata (rivalutazioni di tasse, stipendi, pensioni?)

Il Dipartimento del Tesoro pubblica periodicamente il tasso d’inflazione programmata, che viene riportato nei documenti programmatici e in particolare nel Documento di economia e finanza (Def) e, se necessario, aggiornato nella successiva nota di aggiornamento (Nadef). Il tasso di inflazione programmata (tip) costituisce un parametro di riferimento per l’attualizzazione di poste di bilancio e di emolumenti fissati per legge, ad esempio appalti pubblici, affitti, assegni familiari, rette mense scolastiche, ecc.. Risulta, inoltre, alla base degli aggiornamenti del canone Rai, delle tariffe idriche e dei rifiuti, delle tariffe autostradali (per le concessionarie diverse da Autostrade spa per la quale invece nella formula di aggiornamento è considerata l’inflazione reale) ed entra nella Definizione dei premi r.c. auto (rappresenta, infatti, la soglia di incremento oltre la quale l’assicurato può non rinnovare il contratto alla scadenza). In passato, a seguito degli accordi sui redditi del 1993, il tasso di inflazione programmata (tip) è stato lo strumento per l’adeguamento dei salari all’inflazione in sede di rinnovo contrattuale. Dal 2009 il tasso di inflazione programmato non è più utilizzato per i rinnovi contrattuali. A fine gennaio 2009, con la Definizione dell’accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali siglato da governo e parti sociali, è stato stabilito che la dinamica degli effetti economici sia legata ad un indicatore costruito sulla base dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (ipca) depurato della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. La stima dell’ipca al netto degli energetici importati è pubblicata dall’Istat (fino al 31 dicembre 2010 è stata pubblicata dall’Isae) ogni anno nel mese di maggio.

61. Finalità della politica fiscale

Politica Fiscale (o di bilancio): utilizzo del bilancio pubblico per il perseguimento di obiettivi macroeconomici fondamentali. Obiettivi Politica Fiscale: attenuare gli eccessi del ciclo economico, contribuendo, in tal modo, alla crescita dell’economia e dell’occupazione ed alla stabilità dei prezzi. Strumenti: Variazione delle modalità di imposizione fiscale e dei programmi di spesa pubblica (quanto/chi tassare e quanto/come spendere). L’imposizione fiscale agisce sui redditi e sulla spesa privata, incidendo inoltre sugli investimenti e sulla produzione potenziale. La spesa pubblica, invece, oltre a finanziare le spese in beni e servizi della pubblica amministrazione, può essere utilizzata in funzione anticiclica effettuando trasferimenti pubblici volti ad incrementare i redditi di particolari categorie sociali, a realizzare opere pubbliche, a finanziare attività destinate alla creazione di nuovi posti di lavoro. Effetti complessivi: modifica i livelli complessivi di attività economica, di reddito e di occupazione; altera le scelte di consumo, risparmio e tempo libero (politiche tributarie); prevede trasferimenti monetari che incidono sulle condizioni di vita delle categorie svantaggiate (politiche del welfare); trasferisce risorse ed incentivi alle imprese ad investire in determinati settori o con determinate tecnologie/innovazioni (politiche industriali); favorisce la coesione economico-sociale delle aree in ritardo di sviluppo (politiche regionali); favorisce investimenti pubblici; disciplina le regole della concorrenza (politiche della concorrenza) ed i settori da sottrarre al normale funzionamento del mercato (i.e., monopolio naturale).

62. Funzioni e finalità della spesa pubblica (allocativa, distributiva)

La politica della spesa pubblica può perseguire finalità allocative, distributive e di efficienza produttiva. La politica allocativa riguarda la composizione della spesa, cioè la distribuzione nei vari settori, da cui scaturiscono i rapporti al PIL in relazione ai fabbisogni espressi dalla collettività. La politica allocativa della spesa riguarda anche la distribuzione territoriale, fra livelli di governo, delle competenze e delle funzioni. Il decentramento della spesa consiste nei processi normativi e istituzionali che spostano a livello regionale e anche locale capitoli di spesa originariamente di competenza statale. La sanità fornisce un esempio utile. In merito alla politica distributiva della spesa pubblica, alcuni capitoli svolgono una funzione di riduzione delle disuguaglianze nella collettività, come la spesa che finanzia gli istituti di contrasto della povertà e di sostegno alla non-autosufficienza e disabilità e, genericamente, alla famiglia, alla natalità e all’infanzia. Al volume di spesa pubblica non è detto che corrisponda il raggiungimento degli obiettivi che questa si pone, per cui occorre sempre valutarne l’efficienza (➔ efficienza economica). La spesa pubblica rappresenta i costi necessari all’acquisto di input utilizzati nei processi produttivi dei servizi pubblici. I costi però possono anche riflettere una composizione dei fattori produttivi non efficiente, nel senso che potrebbe essere razionale cambiare le tecniche di produzione, riducendo le uscite a parità di livello quantitativo e qualitativo del servizio offerto. La politica di efficientamento della spesa pubblica intende proprio introdurre elementi di razionalità tramite la riorganizzazione dei processi di produzione dei servizi. Si tratta di un lavoro puntuale, a livello microeconomico, di revisione della spesa, da svolgere nelle singole amministrazioni centrali e periferiche, che nel linguaggio corrente prende il nome di spending review.

63. Principi della tassazione

Le quattro regole della tassazione di Adam Smith:

• equità (pagare secondo la propria capacità contributiva Problema del rapporto tra equità ed efficienza

• certezza (conoscere i propri obblighi tributari);

• comodità (poter pagare le imposte nel modo più agevole possibile); Problema dell’onere amministrativo: tempo necessario ai contribuenti per documentare e dichiarare i propri tributi (dipende dalla complessità del sistema tributario)

• convenienza (minimizzare il costo di accertamento / raccolta delle imposte)

64. Principi dei tributi

Principio di legalità dei tributi è stabilito dall'articolo 23 della costituzione, secondo il quale "nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge". Il principio di legalità significa che l'istituzione di un'entrata tributaria, e la sua concreta applicazione, è consentita allo Stato solo in base alla legge, cioè in base ad un atto approvato dal parlamento: che può essere una legge formale vera e propria (approvata secondo la normale procedura di cui all'articolo 72 della costituzione) oppure può essere un atto con valore di legge, come sono i decreti delegati (articolo 76 costituzione) ed i decreti legge (articolo 77 cost.).

Principio della progressività è stabilito dall'articolo 53 della costituzione, in base al quale il sistema tributario deve essere "informato a criteri di progressività". Ora, poiché un'imposta è progressiva quando aumenta in modo più che proporzionale rispetto all'incremento del reddito colpito, il principio costituzionale della progressività significa che l'insieme delle imposte, e quindi il contributo complessivo dei singoli cittadini alle spese pubbliche, deve aumentare in misura più che proporzionale rispetto all'aumento della ricchezza posseduta. Il principio della progressività costituisce un importante strumento di giustizia tributaria, e può essere collegato al principio di uguaglianza effettiva tra i cittadini stabilito nell'articolo 3, secondo comma, della costituzione.

65. Teorie della tassazione (beneficio e art. 53 cost.)

1. L’articolo 53 della Costituzione L’articolo 53 della Costituzione sancisce che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, individuando la regola e il criterio per definire il concorso alla spesa pubblica all’interno dell’ordinamento nazionale. Il secondo comma, poi, prevede che “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, imponendo al contribuente di versare i tributi all’Erario in base al principio di progressività. In realtà, il secondo comma specifica che l’imposizione secondo progressività, espressione della solidarietà nel riparto fiscale, sia assicurata a livello sistematico. Formulando la “teoria del beneficio”, un orientamento dottrinale ritenne che le imposte dovessero essere distribuite in modo che, per ogni singolo contribuente, si realizzasse una equivalenza tra le imposte pagate ed i servizi pubblici ricevuti. Tale teoria, però, ha trovato numerosi contrasti sia per la logica meramente commutativa tra Stato e cittadino, sia per la sovrapposizione tra indagine economica e indagine giuridica, sia per la mancata considerazione dell’autonomia del diritto tributario dal diritto finanziario. In conclusione la capacità contributiva è condizione necessaria a concorrere alle spese pubbliche ma, contestualmente, risulta essere limite ai poteri del legislatore. Se, da un lato, i consociati sono tenuti a partecipare al prelievo fiscale a tutela di un interesse collettivo, dall’altro, il prelievo fiscale, dovendo pesare sul singolo in modo proporzionale alla sua ricchezza, impone un’analisi della medesima e ha un limite invalicabile, ossia il minimo sufficiente a garantire all’individuo una esistenza dignitosa e libera.

66. Teoria dei tributi: tasse, imposte, accise

"Tasse" e "Imposte" possono essere raccolte sotto l'unica definizione di "Tributi", che sono un prelievo coattivo operato dallo Stato che applica la sua potestà impositiva nei confronti della ricchezza dei contribuenti.

L’imposta è un prelievo coattivo a cui un contribuente viene assoggettato indipendentemente dalla sua qualità di fruitore dei servizi offerti dall’operatore pubblico. Pertanto, da un lato, una volta verificatosi il presupposto dell’imposta (l’atto o il fatto da cui deriva il sorgere dell’obbligazione tributaria), il soggetto passivo non può sottrarsi al pagamento dell’imposta se non violando la legge, e, dall’altro, l’ammontare dell’imposta non dipende, normalmente, dalla quantità di servizi pubblici consumata dal contribuente o dal beneficio che egli ne ritrae, ma è funzione di altri parametri (quali il reddito conseguito dal contribuente, il prezzo o la quantità venduta di un bene, il valore di un bene patrimoniale posseduto o scambiato, ecc.). La variabile alla cui dimensione viene, in via principale, commisurato il prelievo costituisce la base imponibile dell’imposta, mentre aliquota (o tasso) dell’imposta è il valore numerico percentuale (o assoluto, nel caso di imposte commisurate non a valori monetari ma ad elementi quantitativi) che, applicato alla base imponibile, permette di determinare l’entità del prelievo per il singolo contribuente. La tassa è un pagamento corrisposto in relazione alla domanda di un servizio pubblico – costituendone condizione per la fornitura o per l’utilizzo – a parziale copertura del costo di produzione di tale servizio. La tassa è quindi il prezzo del servizio, ma un prezzo politico, in quanto inferiore al costo e quindi al prezzo che verrebbe applicato sul mercato da un’impresa privata (ad esempio: le tasse scolastiche ed universitarie degli istituti di istruzione pubblici; le tariffe di alcuni servizi pubblici, come i trasporti urbani). Data la sua insufficienza a coprire il costo di produzione del servizio, necessario complemento della tassa è l’imposta, il cui gettito deve andare a coprire la restante parte del costo. La tassa, quindi, pur non essendo, in genere, un pagamento coattivo, richiede comunque la coazione per garantire la copertura dell’intero costo del servizio.

Accisa: imposta indiretta a riscossione mediata, pagata cioè dai produttori o dai commercianti, che colpisce determinati beni (oli minerali, energia elettrica, alcolici, tabacchi) al momento della produzione o del consumo. Il soggetto passivo (o acciso) è il produttore o il venditore, mentre il soggetto inciso dall’imposta è il consumatore finale del bene, dal momento che l’onere del tributo viene in genere traslato in avanti sul prezzo di vendita. L’accisa è un’imposta monofase e può essere applicata sulle imprese produttrici del bene o, più frequentemente, su quelle che commercializzano un determinato prodotto, in modo da non creare distorsioni tra le merci nazionali e quelle importate.

67. Tasse (meccanismo di fissazione dell’importo di una tassa) stabilizzazione e allocazione fiscale

L'obiettivo della funzione allocativa è quella di perseguire modalità efficienti di offerta dei servizi pubblici e del prelievo fiscale: le attività consistono nella produzione pubblica e nella regolamentazione di attività economiche private. Un sistema impositivo oltre ad avere il compito di finanziare la fornitura di beni pubblici, svolge, in genere nei sistemi economici avanzati, anche la funzione redistributiva.

Ovviamente bisogna bilanciare la progressività di un sistema con i disincentivi che questa può creare ad un adeguato impegno di tutti a contribuire alla creazione di prodotto interno lordo. La funzione di stabilizzazione regola il livello dell'attività economica, garantendo un tasso di disoccupazione a livelli ragionevoli e il controllo dell'inflazione. Tale funzione può essere svolta utilizzando sia le spese, che le imposte.

68. effetti di un’imposta ad valorem (cioè proporzionale sul prezzo)

L’applicazione delle imposte produce:

EFFETTO DI REDDITO

• le imposte sottraggono (sempre) potere d’acquisto al contribuente

EFFETTO DI SOSTITUZIONE

• le imposte possono modificare i prezzi relativi, inducendo gli individui a sostituire i beni più tassati/cari con altri beni -> Inefficienza

Con l’introduzione di un’imposta ad valorem abbiamo sia effetto reddito che effetto sostituzione e cambia la scelta ottima del bene.

69. effetti delle accise (cosa accade se introduco un’accisa)

L’accisa determina una differenze tra il prezzo pagato dai consumatori e il prezzo incassato dai produttori. Gli effetti di un’accisa sono: 1. Il mercato sottoproduce rispetto al livello di produzione efficiente 2. Il surplus del consumatore e del produttore saranno inferiori a quelli senza l’accisa 3.Ci sarà un effetto positivo sul bilancio pubblico 4. Ci sarà una riduzione del beneficio economico netto, cioè ci sarà una perdita secca.

70. Definizioni: imposta/patrimonio/reddito/tassa/progressività

L’imposta è un prelievo coattivo a cui un contribuente viene assoggettato indipendentemente dalla sua qualità di fruitore dei servizi offerti dall’operatore pubblico.

La tassa è un pagamento corrisposto in relazione alla domanda di un servizio pubblico – costituendone condizione per la fornitura o per l’utilizzo – a parziale copertura del costo di produzione di tale servizio.

Il patrimonio è l’insieme dei beni mobili e/o immobili, ovvero la ricchezza, che un soggetto possiede in un determinato momento. Viene espresso, di solito, in termini monetari.

Il reddito può essere definito come l'entrata netta, espressa in termini monetari, realizzata da un soggetto in un determinato periodo di tempo. Rappresenta in pratica il divenire di componenti economici attribuito ad un dato periodo di tempo. Il reddito è quindi una variabile di flusso, in quanto legata ad un preciso orizzonte temporale senza il quale non avrebbe senso. Al reddito viene contrapposto il concetto di patrimonio che esprime in termini monetari la ricchezza in un dato istante: si usa dire pertanto che il reddito è flusso, mentre il patrimonio è stock.

La progressività è un criterio di imposizione in virtù del quale l'aliquota d'imposta aumenta all'aumentare dell'imponibile [Base imponibile]. La progressività può essere tecnicamente attuata con diverse modalità:

— per detrazione, quando si colpisce con un'aliquota costante la base imponibile, dopo aver detratto da questa un ammontare fisso.

— per classi, quando ad ogni classe d'imponibile corrisponde un'aliquota costante, che cresce passando da una classe più bassa ad una più alta.

— per scaglioni, quando per ogni classe d'imponibile è prevista un'aliquota che si applica solo allo scaglione d'imponibile compreso in quella classe;

— continua, quando l'aliquota aumenta in misura continua con l'aumentare della base imponibile, fino ad un massimo, raggiunto il quale essa rimane costante.

71. Differenza tra tasse e imposte

Una tassa implica l’utilizzo da parte del contribuente di un servizio erogato dell’Ente riscossore e copre quindi spese divisibili perché immediatamente individuabili, come la tassa sui rifiuti.
L’imposta è invece una prestazione obbligatoria di denaro dovuta dal contribuente in favore dello Stato o di altri Enti Pubblici territoriali in relazione alla propria capacità contributiva ed è totalmente scollegata da alcun corrispettivo. Va anzi a finanziare servizi pubblici, rivolti alla totalità dei cittadini come la sanità e l’istruzione. Sono esempi di imposte l’Irpef, l’Ires e l’Irap.

72. Imposte dirette e indirette.

Le imposte dirette hanno come presupposto il reddito o il patrimonio: questi presupposti manifestano in modo diretto ed immediato la capacità contributiva di un soggetto. In altre parole queste imposte colpiscono la ricchezza nel momento in cui è prodotta.

In Italia, tra le principali imposte dirette abbiamo: l'IRPEF, IRES, l'IRAP. Queste imposte sono dirette perché colpiscono i redditi. A loro volta, le imposte dirette, possono essere imposte reali o imposte personali.

Le imposte indirette hanno come presupposto fatti che manifestano solamente in modo indiretto la capacità contributiva di un soggetto. Le imposte indirette colpiscono la ricchezza nel momento in cui essa viene spesa.

In Italia, tra le principali imposte indirette abbiamo l’IVA e le imposte di registro.

73. Tipi di imposte e distribuzione del reddito

Le imposte possono essere distinte in: imposte dirette e indirette(vedi domanda 72); reali e personali (le prime colpiscono il reddito mentre le seconde colpiscono la persona tenendo in considerazione le condizioni familiare economiche e sociali); imposte generali e speciali ( le prime colpiscono in maniera generale i redditi simili nella stessa maniera, le seconde per esempio quelle che colpiscono solo i redditi da capitale); ed infine fisse, proporzionale, progressive e regressive ( a seconde che rispettivamente sono dello stesso ammontare oppure l’aliquota cresce proporzionalmente, o più o meno della base imponibile).

Per distribuzione del reddito distinguiamo quella funzionale con cui si analizza come il reddito viene diviso tra i fattori che hanno partecipato alla sua formazione; e quella personale che analizza invece come il reddito è suddiviso tra gli individui e le famiglie.

74. Tasse e imposte sul reddito e sul patrimonio

La tassa è un prelievo pecuniario previsto dalla legge gravante sul contribuente in relazione alla fruizione, o fruibilità, di un servizio pubblico o di un’attività pubblica erogata da un Ente pubblico.

Normalmente tale servizio viene richiesto dal contribuente e dalla sua erogazione deriva un beneficio.

L’imposta è un prelievo di natura pecuniaria previsto dalla legge a carico del contribuente a titolo di compartecipazione alle spese pubbliche secondo uno specifico indice di ripartizione rappresentato dalla capacità contributiva di ogni contribuente. Per capacità contributiva si intende la ricchezza di un contribuente determinata sulla base di fatti normalmente economicamente valutabili quali, a titolo di esempio, la percezione di un reddito o il possesso di un patrimonio.

Imposte sul reddito e sul patrimonio vedi domanda 72..


75. tributi e imposte sul reddito e sulle persone

Con il termine tributo si intendono tutti i prelievi di ricchezza previsti dalla legge ed effettuati a carico del contribuente coattivamente e, dunque, anche a prescindere o contro la sua volontà.

Pertanto, i tributi comprendono tanto le imposte quanto le tasse.

L’imposta è un prelievo di natura pecuniaria previsto dalla legge a carico del contribuente a titolo di compartecipazione alle spese pubbliche secondo uno specifico indice di ripartizione rappresentato dalla capacità contributiva di ogni contribuente. Per capacità contributiva si intende la ricchezza di un contribuente determinata sulla base di fatti normalmente economicamente valutabili quali, a titolo di esempio, la percezione di un reddito o il possesso di un patrimonio.

Imposte reali e personali vedi domanda 73.


76. Tassazione (domanda collegata: Teorema di Barone)

Per la tassazione vedere domande 74, mentre il Teorema di Barone enuncia un maggior sacrificio dell’individuo in presenza di una tassazione indiretta.

Le imposte indirette provocano un cambiamento nelle preferenze dell'individuo, portandolo ad acquistare una quantità maggiore del bene non tassato, sostituendolo, con quello tassato, divenuto meno conveniente. Introducendo un'imposta diretta sul reddito si riduce il potere d'acquisto di un individuo senza alterare il prezzo dei beni sul mercato, causando solo un effetto reddito. In questo caso un individuo acquisterà meno quantità dei due beni senza cambiare la propria preferenza per uno o per l'altro.


77. Evasione fiscale, elusione, erosione, elisione

Per elusione fiscale si intende il comportamento di chi sfrutta lacune ed imperfezioni del sistema normativo per conseguire indebiti risparmi d’imposta. Pur nel formale rispetto della legge, le condotte elusive si pongono in contrasto con i fondamentali principi che ispirano l’ordinamento tributario ed impongono a tutti di partecipare alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva.

L' erosione fiscale consiste in una riduzione della base imponibile soggetta a tributo, grazie a varie forme di agevolazione ed esenzione, di inadeguatezze nel metodo di accertamento o di regimi fiscali sostitutivi.

Si ha elisione dell'imposta quando il contribuente, colpito dall'imposta, intensifica la propria attività per compensare con il maggior reddito ottenuto gli aumentati oneri impositivi. In tal modo egli fa fronte all'onere tributario e conserva il tenore di vita che aveva prima dell'introduzione dell'imposta.

Per evasione fiscale si intende il comportamento illegittimo con cui il contribuente mira a contrastare il prelievo tributario.


78. Le determinanti dell’evasione fiscale

Al pari dell’elusione fiscale determina la riduzione del carico fiscale, ma se ne differenzia sul piano delle modalità di attuazione. Nel caso dell’evasione, infatti, la riduzione del prelievo si ottiene mediante una diretta e immediata violazione di norme tributarie, attraverso la rappresentazione esterna di una situazione di fatto non corrispondente alla realtà o una non corretta qualificazione giuridica della situazione medesima.

L’evasione è contrastata dal legislatore con la previsione di specifiche fattispecie sanzionatorie, tributarie, amministrative e penali, nonché attraverso la predisposizione di una efficace disciplina dei controlli amministrativi.


79. Traslazione dell’imposta

Processo attraverso il quale coloro che sono tenuti legalmente al pagamento dell'imposta (contribuenti di diritto) trasferiscono in tutto o in parte l'onere ad altri soggetti (contribuenti di fatto), in virtù della variazione del livello dei prezzi generata dall'introduzione dell'imposta stessa.

La traslazione può essere distinta in : traslazione in avanti (quando viene trasferita al consumatore attraverso un aumento del prezzo del bene tassato); traslazione all'indietro (quando l'imposta viene trasferita dal consumatore al produttore); traslazione verticale (che si verifica qualora la variazione dei prezzi riguarda il bene colpito dall'imposta e i beni strumentali necessari a produrlo qualora si tratti di un bene finito); traslazione obliqua ( l'imposta fissata per un determinato bene viene trasferita sui consumatori di un altro bene non tassato).


80. Contributo e capacità contributiva

L’articolo 53 della Costituzione sostiene che tutti i cittadini, anche apolidi e stranieri, che risiedono in Italia hanno il dovere di pagare le imposte. Tuttavia, vi è un limite costituzionale. L’obbligo di pagamento delle imposte deve rispettare necessariamente la capacità contributiva del cittadino, vale a dire la sua possibilità economica. L’articolo 53 della Costituzione, che difende il dovere di concorrere alle spese pubbliche, richiama senza dubbio gli articoli fondamentali 2 e 3 della Costituzione,i quali manifestano il principio di solidarietà e di eguaglianza di tutti i cittadini nello Stato Italiano.

Per contributo si intende una tipologia di tributo,cioè un prelievo di riccheza coattivo rientrante nel campo delle prestazioni patrimoniali imposte di cui l'art. 23 Costituzione, che si situa come ordine intermedio tra la figura dell' imposta e quella della tassa.


81. Aliquota media e marginale

Si definisce aliquota fiscale la percentuale da applicare al reddito per ottenere l’importo dell’imposta a carico del contribuente. L’aliquota media si calcola come il rapporto tra l’imposta totale e il reddito imponibile. L’aliquota marginale è invece il differenziale di imposta che colpisce l’unità incrementale di reddito e si calcola come il rapporto tra la variazione dell’imposta e la variazione dell’imponibile.

82. imposte proporzionali

È un'imposta che varia nella stessa proporzione della base imponibile, essendo costante il rapporto fra imposta e base imponibile. In tal caso, se l'aliquota d'imposta è del 30%, chi ha un reddito di 100 milioni paga 30 milioni di imposta, chi ha un reddito di 150 milioni paga 45 milioni di imposta ecc.; ne è un esempio l'imposta di registro che colpisce con un'aliquota costante gli atti di acquisto di un appartamento che un privato effettua da un altro privato.

83. Progressività dell'imposta, caratteristiche ed obiettivi

L’art. 53 della Costituzione prevede che ciascun individuo contribuisca alla spesa pubblica secondo le proprie capacità contributive. Viene così stabilito il principio di Progressività, per il quale la tassazione si applica ai redditi in maniera più che proporzionale. Viene cioè attribuito un carico fiscale maggiore ai soggetti che manifestino una capacità contributiva maggiore. Nel sistema italiano l’aliquota è dunque crescente, ovvero aumenta all’aumentare del reddito imponibile. Altra caratteristica del sistema italiano di tassazione è che la progressività venga applicata per scaglioni, ovvero l’aliquota non sale in maniera armonica e costante con il reddito, ma aumenta nel momento in cui il reddito imponibile superi una delle soglie previste, dette scaglioni. Nell’ottica della progressività dell’imposta, l’aliquota di livello superiore va a colpire solo la parte di reddito superiore alla soglia dello scaglione precedente.

84. imposte progressive: deduzioni e detrazioni

Un’imposta si dice progressiva quando il suo ammontare aumenta in misura più che proporzionale all’aumentare della base imponibile. In sostanza si tratta di un’imposta con aliquota crescente. Ad esempio, l’IRPEF è un’imposta progressiva.

Le deduzioni fiscali sono delle agevolazioni che concorrono direttamente a determinare il reddito imponibile ovvero quello che verrà utilizzato nel calcolo dei tributi. La somma derivante dai vari oneri deducibili infatti deve essere sottratta direttamente al reddito complessivo: ciò che ne deriverà sarà una certa somma (il reddito imponibile) da usare come base per il calcolo della somma da versare al fisco.

A differenza delle deduzioni, le detrazioni fiscali intervengono solo in una fase successiva: quella del calcolo effettivo dell’importo del tributo. Le detrazioni fiscali infatti non incidono sulla quantificazione del reddito ma esclusivamente su l'esborso che deve essere corrisposto per un dato tributo.

85. Criterio del minimo sacrificio

La capacità contributiva viene determinata collegandola al concetto di sacrificio in termini di riduzione dell'utilità di un soggetto economico a seguito dell'introduzione di un'imposta.
Esistono tre formulazioni diverse del principio del sacrificio: il principio dell'uguale sacrificio assoluto che prevede che l'imposta debba colpire ogni contribuente in modo uguale; il principio dell'uguale sacrificio proporzionale, stabilisce che l'imposta deve generare una perdita di utilità proporzionale all'utilità totale derivante dal reddito di ogni contribuente; e il principio dell'uguale sacrificio marginale, del sacrificio minimo, stabilisce che l'utilità marginale del reddito in seguito all'introduzione di un'imposta deve essere uguale per tutti i contribuenti.


86. Prezzo privato, quasi privato, prezzo politico e differenza con il prezzo che per lo stesso servizio si pagherebbe ad un privato

Il prezzo privato è un prezzo che si forma seguendo le regole del mercato, dall'incontro della domanda e dell'offerta. In altre parole esso viene fissato come farebbe un qualsiasi privato.

I prezzi quasi privati sono prezzi che, esattamente come quelli privati, sono formati dal mercato ma sono in parte influenzati dall'interesse pubblico che porta lo Stato ad offrire un certo bene sul mercato.

È il prezzo che lo Stato pratica quando l'interesse pubblico assume particolare rilievo. Il prezzo politico è fissato ad un livello inferiore al costo di produzione del servizio offerto. La differenza tra il prezzo politico e il costo viene coperta dalle imposte.